Per ottenere in Italia l’ormai famigerato green pass, le disposizioni governative impongono l’esecuzione del tampone: rino-faringeo (detto molecolare) o nasale rapido (detto antigenico), per attestare la negatività al virus SARS-CoV-2 delle persone che, per molteplici ragioni, non si sono sottoposte all’inoculazione del vaccino sperimentale COVID-19.
Sono in tantissimi ormai a proporre e consigliare i tamponi rapidi, al posto dell’avvenuta inoculazione della prima o seconda dose dei vaccini COVID disponibili in circolazione. Tra questi si annoverano anche noti artisti, come Enrico Ruggeri o Loredana Berté, che hanno già “offerto” tamponi gratuiti per i partecipanti ai loro concerti.
E anche militanti nelle fila della cosiddetta opposizione, come ad esempio Fabio Duranti, fondatore dell’emittente Radio Radio, hanno consigliato agli ascoltatori l’uso del tampone rapido come lasciapassare.
Tuttavia, proprio Radio Radio e lo stesso Fabio Duranti, soltanto pochi mesi fa, diffondevano anche video come quello contenente l’intervento della dott.ssa Antonietta Gatti, di lunga e consolidata esperienza, sui rischi del tampone RT-PCR rino-faringeo, tenuto – il 31 marzo scorso – in un’audizione alla Camera dei Deputati, dopo avere analizzato parecchi e svariati tamponi attualmente in uso in Italia.
Avevo già pubblicato su questo blog, nel mese di aprile, i risultati diffusi dalla dott.ssa Gatti anche se riguardanti nello specifico solo i tamponi RT-PCR rino-faringei; risultati che si rivelano ancora adesso assolutamente attuali ed importanti.
Infatti i tamponi non sono affatto esenti da rischi e l’uso, negli stessi, di materiali insoliti e costosi come silicio e zirconio devono porre non poche domande sul motivo per il quale vengono impiegati in un prodotto che va usato solamente pochi secondi.
Sappiamo inoltre che esistono studi accreditati (“APPROCCIO NANONEUROTERAPEUTICO INTESO PER IL PASSAGGIO DIRETTO DAL NASO AL CERVELLO”, pubblicato su PubMed nel 2015) indicanti come sarà possibile per la cura di svariate patologie, nella somministrazione intranasale, utilizzare l’incapsulamento di farmaci in sistemi nanoparticellari, invisibili ad occhio nudo, migliorando il targeting naso-cervello e la biodisponibilità nel cervello. “Tuttavia”, come chiarisce lo studio in questione, “gli effetti tossici delle nanoparticelle sulla funzione cerebrale sono sconosciuti”.
Secondo un altro studio pubblicato su PubMed nel 2016 (“NANOPARTICELLE DI IDROGEL E NANOCOMPOSITI PER LA SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI / VACCINI NASALI”), “negli ultimi anni la somministrazione di farmaci per via nasale ha attirato sempre più attenzioni ed è stata riconosciuta come la via alternativa più promettente per la terapia sistemica dei farmaci limitata alla somministrazione endovenosa. Molti esperimenti in modelli animali hanno dimostrato che i trasportatori su scala nanometrica hanno la capacità di migliorare la somministrazione nasale di farmaci e vaccini peptidici / proteici rispetto alle formulazioni di soluzioni farmaceutiche convenzionali”.
Questi studi dimostrano inequivocabilmente come potrà essere possibile, in un futuro non lontano, somministrare vaccini o nanoparticelle, anche robot (leggi: “I RICERCATORI PROGETTANO MINUSCOLE MACCHINE CHE FORNISCONO FARMACI IN MODO EFFICIENTE” dalla Johns Hopkins University School of Medicine), direttamente al cervello attraverso dei semplici tamponi nasali.
Tutto ciò, naturalmente, richiede il consenso informato del paziente e pone degli inquietanti interrogativi, dato che è stata rilevata da molteplici studi e senza alcun dubbio, la presenza di grafene nei vaccini COVID, senza che ne sia stata informata la popolazione. Inoltre il grafene è un prodotto tossico per l’organismo umano – come recentemente ha sottolineato sempre la dott.ssa Gatti, insieme a molti altri scienziati – anche se attualmente si sta investendo massicciamente nell’uso del grafene in farmaci e in nuove tecnologie, senza che esistano tuttavia studi esaustivi in proposito sulla sua presunta innocuità.
La vicenda dell’Eternit, accaduta nel secolo scorso, dovrebbe costituire un severo monito per il futuro. Purtroppo, invece, occorre prendere atto ancora una volta che non è così e che gli errori del passato rischiano di ripetersi ancora una volta, portando con sé il pesantissimo fardello delle innumerevoli perdite di vite umane che essi puntualmente hanno comportato nel tempo.
Un’altra notizia molto interessante qui da ricordare è l’acquisto, avvenuto quasi due mesi fa, da parte del consorzio “GAH” costituito dai miliardari George Soros e Bill Gates, dell’azienda dei test rapidi per il COVID. George Soros e Bill Gates si sono alleati formando un consorzio che ha comprato Mologic, un produttore di test per il COVID con sede in Gran Bretagna. Lo ha annunciato lo scorso luglio la rivista statunitense di economia Forbes.
In un comunicato stampa si legge come per i due colossi della finanza “si tratti di uno sforzo per aumentare l’accesso a una tecnologia medica all’avanguardia e a basso costo”. Il Soros Economic Development Fund e la Bill & Melinda Gates Foundation hanno annunciato il lancio di una nuova iniziativa, la “GAH“, Global Access Health, che si propone l’obiettivo di rafforzare la diffusione della tecnologia medica su scala globale con l’acquisizione di Mologic, che è conosciuta soprattutto per la tecnologia utilizzata per test rapidi per il COVID-19 con tampone nasale.
Sempre secondo quanto era contenuto nel comunicato dell’iniziativa il consorzio Gah, formato dal fondo di Soros e dalla fondazione Gates, investirà nell’accordo circa 41 milioni di dollari per favorire la lotta al COVID soprattutto in Paesi più poveri come l’Africa, l’Asia e il Sudamerica.
La testata Libero Quotidiano ha definito però Soros e Gates “due filibustieri della finanza” e ha correlato l’acquisizione della Mologic con l’obbligatorietà del green pass.
Nell’articolo: “Bill Gates e George Soros, tamponi e l’odore degli affari: in cosa hanno investito 41 milioni di dollari” il quotidiano si dissocia dalla tesi diffusa dell’iniziativa “benefica” della Global Access Health.
“Accade proprio mentre si va verso l’obbligo, in pratica, del Green Pass – afferma Libero – poiché si prevede un aumento della richiesta di tamponi frequenti da parte di chi è disposto a test continui pur di non farsi vaccinare.”
Mologic è stata fondata nel 2003 dall’amministratore delegato, Mark Davis insieme col padre, Paul Davis, che è il chief scientific officer. È nata come un laboratorio a scopo di lucro per la ricerca e l’innovazione.
Ognuno tragga quindi le proprie conclusioni mentre, secondo quanto riportato da Monica Camozzi su Affaritaliani.it già lo scorso marzo, quattro avvocati e sette cittadini italiani hanno fatto ricorso contro il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità. Oggetto: l’inattendibilità degli esiti di laboratorio dei tamponi.
L’avvocato Mauro Sandri, uno dei firmatari dell’atto, ha affermato come esista “il numero spropositato di falsi positivi causato dal metodo che l’Istituto Superiore di Sanità ha stabilito, contravvenendo ai suggerimenti del Cts e della stessa Organizzazione Mondiale della sanità, per definire una persona malata di COVID-19. Un numero di falsi positivi pari all’80% minimo, sulla base del quale si è innescata la macchina dei contagi, quindi la chiusura di regioni, attività produttive, scuole, vita”.
“Mi baso puramente su evidenze scientifiche, sono lontanissimo da tesi negazioniste o da complottismi. Porto l’evidenza che il modo stabilito dall’Istituto Superiore di Sanità per definire i positivi è completamente errato. E c’è un fatto inoppugnabile, che è alla base della mia disamina, sul quale concordano tutti, negazionisti e non: più alti sono i cicli della Pcr, meno attendibile è l’esito del test. Quindi, i dati che ci sottopongono sul numero dei positivi, sono inutilizzabili! Già l’OMS a dicembre 2020 prendeva atto dell’alto numero di falsi positivi determinato dal test Rt-PCR; a metà gennaio 2021 OMS ribadiva la necessità di evidenza medica, oltre che l’abbassamento delle frequenze dei cicli”.
E ancora, il 19 settembre scorso l’avvocato Sandri dichiarava dal suo canale Telegram: “A seguito dell’estensione del green pass questo muro di manipolazione della realtà scientifica diviene sempre più essenziale da demolire […] La questione dell’inutilizzabilità dei tamponi, come attualmente amplificati, è stata riversata anche nel ricorso in sede europea proposto la scorsa settimana. Nessun segmento della narrativa menzognera rimane senza opposizione e l’accertamento della verità non è lontano”.
Sulla inattendibilità dei tamponi, esistevano studi seri già nel lontano marzo 2020, ed allora ne resi conto sul mio blog Ambiente e politica. Lo studio indicava come “i tamponi, cui vengono sottoposti coloro che sono entrati in contatto con i malati, riporterebbero risultati errati nell’80,33% dei casi“.
Mi limito a riportare qui le conclusioni dello studio: “negli stretti contatti dei pazienti CoVID-19, quasi la metà o anche più degli ‘individui infetti asintomatici’ riportati nello screening del test dell’acido nucleico attivo potrebbero essere falsi positivi”.